Mercoledì 3 gennaio

Avere, come Giovanni, occhi di profeta so che non è impossibile perchè «vi è un pizzico di profeta nei recessi di ogni esistenza umana» (A.J. Heschel). Vedere Gesù mentre viene, eternamente incamminato lungo il fiume dei giorni. Vederlo venire (come ci è stato concesso a Natale) pellegrino dell’eternità, nella polvere dei nostri sentieri, sparpagliato per tutta la terra, da dove non se ne andrà mai più. Viene e porta la rivoluzione della tenerezza, porta un altro modo possibile di abitare la terra, vivendo una vita libera da inganno e da violenza. Amatevi, dirà, altrimenti vi distruggerete, è tutto qui il Vangelo. (Ermes Ronchi)

Gv 1,29-34

Un commento

  1. S. Giovanni Evangelista domina nelle letture di oggi: suoi sia l’epistola sia il vangelo. In effetti tra gli autori sacri s. Giovanni è quello che in modo più diretto focalizza la figura di Gesù quale Figlio di Dio e Messia salvatore. E lo fa da due punti di vista opposti in certo senso, ma entrambi essenziali: quello storico, adducendo fatti precisi dei quali egli è stato testimone, quello metafisico-teologico, specialmente nel Prologo.
    Da ciò si capisce come Giovanni colleghi il peccato con l’ignoranza, un po’ come l’intellettualismo etico degli antichi filosofi greci (“chiunque pecca non lo ha visto né conosciuto”). Sembrerebbe una scusante “per causa di forza maggiore”: invece, purtroppo, da più passi del Nuovo testamento appare chiaramente che “non lo ha visto nê conosciuto” vuol dire “non lo ha voluto vedere né conoscere”. Pertanto: è certo doveroso vincere l’ignoranza (e oggi l’ignoranza religiosa è diffusa e rilevante), ma soprattutto è necessaria una disponibilità all’incontro con Lui; e questo se non si eliminano orgoglio ed egoismo rimane difficile.

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