Temo che per molti cristiani oggi la croce sia ancora solo segno di sofferenza e passione. La festa che questa domenica ci propone fatica ad essere compresa se la consideriamo così, perché non c’è nulla da esaltare in un pezzo di legno che ha generato solo dolore e morte.
La croce per noi cristiani è simbolo di salvezza, dell’amore smisurato che Gesù ha vissuto in quel momento di passione affinché potesse essere per noi strumento di vita nuova. La Croce è quel varco attraverso il quale Egli passa per spalancare le porte della morte e far sì che niente ci tenga intrappolati nella non-vita, neppure la morte stessa. È un simbolo prezioso, perché possiamo dire attraverso di esso che crediamo nella forza della Sua Vita e della Sua Risurrezione e per questo non temiamo il male e non vi scendiamo a compromesso. Di più: la croce diventa simbolo di una scelta di campo che ci trova schierati sempre dalla parte della vita contro la morte e i suoi meccanismi. Ci trova schierati perché appassionati, convinti della sua bellezza e forza. “Gesù passava beneficando e sanando tutti” (At 10,38) testimonia San Luca negli Atti degli Apostoli e i Vangeli stessi ci raccontano come il Messia non sia mai sceso a compromessi con il male ma lo sconfiggeva quando lo trovava attraverso le molteplici guarigioni, liberazioni e conversioni che ci sono raccontate. Questo è l’Amore che abitava Gesù e lo ha portato sulla croce: vederci vivere e non subire questa vita e vederci felici dentro la nostra storia, non tristi, perennemente penitenti e sacrificati. L’obiettivo della croce non è quindi la sofferenza, essa è un passaggio, l’obiettivo è la salvezza! Ahimè spesso ancora oggi c’è chi propina una fede di sottomissione, sacrificio, austerità e altre pratiche o idee che ci tengono lontani dall’essere testimoni di un Dio di vita e di amore.
Celebrare la festa dell’Esaltazione della Croce significa celebrare una domenica dove raccogliere tutti i motivi di gratitudine per la vita che siamo e abbiamo, anche se non è quella che sognavamo da piccoli o non è più quella di quando eravamo giovani. Esaltare la croce significa essere grati per ciò che è davvero importante e fa la differenza per noi. Celebrare la festa dell’Esaltazione della Croce significa poi ridirci che siamo figli del Dio della Vita e per questo il nostro linguaggio, il nostro sguardo e i nostri pensieri non dovrebbero mai scadere nella violenza, nella chiusura al prossimo e nel giudizio che intrappola e non dà scampo, e neppure possiamo giustificare chi crede di risolvere i problemi attraverso la forza, la prepotenza e il potere, inteso come superiorità e non come servizio. Stiamo assistendo ad un quadro mondiale preoccupante, dove al governo di molte nazioni siedono persone evidentemente guidate da un ego malato che li porta a comandare e non a governare, a ricercare l’esaltazione di sè più che il bene della gente. Ciò che succede oggi sulla striscia di Gaza e ciò che la Russia sta mettendo in atto sono crimini veri e propri che cancellano ogni concetto di umanità e compassione, determinando una legge sociale legata al diritto del più forte. Stiamo tornando alla violenza come unico linguaggio risolutivo e questo accade nei territori di guerra ma accade anche nella testa dei nostri giovani e adulti attraverso canzoni prive del concetto minimo di dignità dell’altro o attraverso il linguaggio televisivo di alcuni politici e giornalisti che educa ad atteggiamenti di dis-amore e di rifiuto. C’è addirittura una parte di uomini e donne di stato che giustificano l’autodifesa al posto di lavorare per delle leggi più consone a garantire le forze dell’ordine e i cittadini stessi. Esaltare la croce significa non perdere di vista che la Salvezza non è questione di muscoli ma di giustizia, quella giustizia che promuove l’essere umano, ne cerca il bene e opera per la dignità di tutti, vicini e lontani. Significa credere sempre e comunque che la strada giusta sia quella dell’Amore declinato in opere e strategie di bene da mettere in campo o da inventare, affinché ognuno possa vivere la propria storia a testa alta. E significa infine tornare a piegare le ginocchia davanti a Colui che ci ha amato, fino a dover accettare di scendere negli inferi per spalancarci le porte di una Vita senza fine. Piegare le ginocchia per chiedere quella forza che solo Lui può donare e che ci permette di usare amore anche quando tutti vi hanno già rinunciato.
La croce, al collo o appesa al muro di casa nostra, sia appello a questo stile di vita, non-violento e innamorato, sempre!
Nm 21,4-9 Sal 77 Fil 2,6-11 Gv 3,13-17
Grazie .